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Codice della crisi e decreto crescita Binazzi CNA: cosa non va per le piccole imprese

Un altro costoso adempimento sta per abbattersi sulle piccole imprese: l’estensione alle società a responsabilità limitata di minori dimensioni e alle cooperative dell’obbligo – introdotto dalla Riforma della Legge Fallimentare – di nominare revisore o collegio sindacale. “Abbiamo stimato che l’ennesimo onere amministrativo – dichiara la Presidente CNA Franca Binazzi – potrà riguardare una platea potenziale di 855 delle nostre imprese associate e costare fino a 6mila euro annui a impresa, secondo i calcoli di CNA. Il provvedimento coinvolge tutte le srl, basta che rientrino per 2 soli esercizi consecutivi in uno solo dei seguenti parametri: stato patrimoniale superiore ai 2 milioni, ricavi da vendite e prestazioni oltre 2 milioni e più di 10 dipendenti (prima erano 50). Non si riesce a comprendere la reale utilità di questo nuovo carico burocratico che impatta su Srl piccole – come la mia – che basano la propria attività sulla fiducia: con i dipendenti, con i clienti, con tutti gli stakeholder. In più succederebbe che ogni volta che sindaco o revisore segnalassero un possibile stato di crisi, le banche chiederebbero l’immediato rientro del fido mettendo le aziende in difficoltà ancora maggiore”. Ma per la Presidente Binazzi c’è un altro boomerang per le imprese di costruzioni e di installazioni di impianti previsto nel Decreto Crescita che rischia di penalizzare le piccole imprese. “Mi riferisco alla possibilità di scontare direttamente in fattura l’importo della detrazione fiscale sui lavori di efficientamento energetico e di prevenzione del rischio sismico – precisa Franca Binazzi – In sostanza è previsto che il soggetto che ha diritto alle detrazioni fiscali dal 50% in su in dieci anni possa optare per un rimborso di pari importo anticipato dall’impresa fornitrice del lavoro. Di fatto si chiede alle piccole imprese di anticipare i soldi ai cittadini, penalizzando gli artigiani che non dispongono delle risorse finanziarie né della capienza fiscale necessarie a dilazionare nel tempo il recupero di una parte rilevante del pagamento. Un esempio? Di recente una nostra impresa edile ha effettuato un intervento di risparmio energetico in Valtiberina per 12 mila euro. Ad oggi il proprietario recupererà il 65% (7.800 euro) in 10 anni. Se cambia la norma, l’artigiano incasserà solo il 35% del lavoro (4.200 euro) recuperando il resto del ricavo in addirittura 5 anni attraverso il complicato meccanismo del credito d’imposta. Gli effetti? Un mercato concentrato su poche imprese – più dotate finanziariamente – alle quali verrebbe offerto un vantaggio competitivo esclusivo. L’edilizia può contribuire in maniera determinante a rilanciare la crescita, da troppo tempo statica o negativa, ma provvedimenti del genere rischiano di raffreddare la domanda potenziale in un settore mai uscito dalla crisi”.

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