I percorsi della memoria. Tante persone, fra cui diversi bambini e famiglie, hanno partecipato alla commemorazione dell’eccidio di Meltini, una delle tappe significative del progetto “Tracce di memoria”, promosso da Comune di Città di Castello, dal Consiglio comunale e dall’Istituto di storia politica e sociale Venanzio Gabriotti per ricordare luoghi e vittime delle stragi civili durante il passaggio del fronte in Alto Tevere nel 1944. “Dopo Pian di Brusci e Meltini ci siamo avvicinati idealmente alla Liberazione di Città di Castello, che avvenne il 22 luglio del 1944, attraversando un itinerario di violenza, spesso contrassegnato dal sacrificio della vita da parte di innocenti, travolti dagli eventi scomposti che precedono la disfatta”, ha detto il presidente del Consiglio comunale Vincenzo Tofanelli. “Fu così che morirono Domenico e Luigi Bioli, Romolo Carbini, Emilio e Giovanni Giulietti, uccisi da un eccesso di reazione delle truppe naziste in ritirata. Ma il loro martirio non è stato dimenticato. Oggi siamo qui con le famiglie che persero i loro cari e con tutti i soggetti custodi della memoria, in questi decenni di pace e democrazia , perché le dure lezioni che la storia ci ha dato continuino ad essere di monito”. Alla commemorazione presso il casolare di Meltini, lungo la strada che conduce a San Secondo, all’altezza di San Paterniano, erano presenti i rappresentanti delle associazioni combattentistiche, con Pierino Monaldi, l’Istituto di Storia Politica e Sociale “Venanzio Gabriotti”, con il Presidente, Alvaro Tacchini e Mario Lepri, Marsilio Sinatti presidente dell’associazione “Quelli de là del Ponte”, cittadini e familiari delle vittime. Sono stati ricostruiti gli attimi drammatici di una vicenda che ha segnato in maniera indelebile la storia cittadina. La versione più accreditata è quella riportata anche da Alvaro Tacchini nell’Atlante della memoria (www. storia tifernate.it): “era l’11 1944 luglio quando le truppe tedesche in ritirata occuparono la casa colonica di Meltini, abitato in quel momento da Emilio e Giovanni Giulietti e da i fratelli Carbini con la madre, troppo anziana per arrivare a Centoia, dove il resto della famiglia si era nascosto. La mattina successiva un boato scuote l’Alta Valle del Tevere e i tifernati scappano dal fuoco dall’artiglieria contrapposta verso il Tevere. Ma verso l’ora di pranzo, Emilio Giulietti tornò a Meltini a cercare qualcosa da mangiare. Non tornava e andò a cercarlo il fratello Giovanni ma non fece ritorno neanche lui e così Romolo, Elvio Carbini, la mamma, in una spirale che non lasciò nessuno vivo davanti alla furia dei nazisti che spararono loro, uno dopo l’altro, a mano a mano che si avvicinavano. I corpi furono ricomposti dal letamaio, dove erano stato gettati, alcuni giorni dopo”. “L’efferatezza di questo ultimo drammatico eccidio ci insegna che la follia della violenza dell’uomo contro l’uomo può annidarsi ovunque e colpire a caso. Per questo – ha concluso Tofanelli – la cultura della tolleranza e del pluralismo è l’unico antidoto alla sopraffazione.” Tofanelli ha annunciato che alla ripresa delle lezioni nel prossimo anno scolastico, “verrà organizzata una giornata per organizzare visite guidate sia a Pian dei Brusci che Meltini per coinvolgere i ragazzi direttamente in quei luoghi della memoria per un momento di riflessione”.
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