20 settembre 2020, Pieve Santo Stefano. La Giuria del Premio Pieve Saverio Tutino premia l’autobiografia di Tania Ferrucci Nei miei okki, racconto di una vita difficile, storia di una donna che ha avuto la determinazione e il coraggio di ribellarsi a un destino in cui non si è riconosciuta, di rivendicare con forza il suo diritto all’amore e la sua identità femminile.
Nei miei okki diventerà un libro della collana dedicata all’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano per l’editore Terre di mezzo (2021).
Quest’anno, inoltre, la Giuria del Premio Pieve assegna la menzione speciale all’autobiografia Il sale della vita di Anna De Simone.
La cerimonia di premiazione del 36° Premio Pieve sarà trasmessa in differita mercoledì 23 settembre da Rai Radio3.
La motivazione della Giuria nazionale del Premio Pieve
Tania Ferrucci ci consegna una storia autobiografica di denuncia, scritta con piglio audace e rivendicativo, chiamando a testimone più volte il lettore e interrogandone la coscienza.
Tania è nata nei bassifondi di Napoli nel 1960 in una famiglia disastrata. Il suo corpo è quello di un maschio, anche se fin da piccola si sente “bambina dentro”. Conosce presto la violenza, finisce in orfanotrofio e a tredici anni inizia a prostituirsi per sopravvivere e guadagnare i soldi che le serviranno per realizzare il suo sogno, la costosa operazione di cambio di sesso, che farà a ventisei anni. Diventa una bellissima donna e lavora come ragazza immagine nelle discoteche. Qui incontra alcol e droghe, a cui non sa sottrarsi, ma anche ricchezza e macchine potenti. È ammirata da molti, ma non trova mai risposta al suo più profondo desiderio: quello di conoscere “l’amorevitamia”, un uomo che la ami incondizionatamente. A trentanove anni, nel 1999, entra nelle comunità Saman dove comincia un percorso di disintossicazione e recupero che finirà nel 2010. Da ospite diventa collaboratrice della comunità, per cui lavora ancora oggi.
Il coraggio di ripercorrere la sua storia placa, in parte, gli interrogativi ai quali non darà mai risposta: perché è diversa, come si fa ad essere amati, perché la madre è stata così indifferente e feroce con lei. Trova nella scrittura un riscatto che dà senso al suo passato.
Tania Ferrucci (Napoli, 1960) nasce bambino nei bassifondi di Napoli, nel 1960, sogna a occhi aperti: sogna la libertà, fuggire via dalla miseria in cui vive, dalle violenze che di lì a poco, a soli 7 anni, subisce da uno dei tanti uomini che frequentano la casa della madre prostituta. Quel bambino violentato finisce in collegio, poi per strada a chiedere l’elemosina. Ovunque continua a subire. Quel bambino sin da piccolo si sente diverso, e presto comprende la sua natura. Diventa una fanciulla di nome Tania, che a 13 anni inizia a vendere il proprio corpo per sopravvivere. Tania per molti anni vive tra Napoli, Roma, Firenze, e altre province del centro Italia. Si sottopone all’intervento di vaginoplastica, corona il sogno di avere un corpo femminile. È desiderata da molti clienti, ma non troverà mai un uomo che la ami. Abusa di alcol e droghe, dall’età di 39 anni entra e esce dalle case di recupero, fino a concludere il percorso di disintossicazione nel 2005. Nella sua vita difficile conosce anche l’esperienza del carcere, e la morte prematura di un fratello con il quale era riuscita a riallacciare i rapporti. Trova riscatto nel lavoro, come assistente sanitaria e segretaria, finalmente libera dalle dipendenze.
Motivazione della menzione speciale
La giuria segnala con menzione speciale la vicenda intensa e dolorosa di Anna De Simone. La qualità e la forza della scrittura di questa autobiografia, in cui l’autrice non fa sconti e non chiede comprensione, rispecchiano un percorso di maturazione e di profonda conoscenza di sé e del suo mondo emozionale e affettivo. Anna ha perso la voce a causa di una malattia, queste pagine sono oggi il suo unico mezzo per raccontarsi.
Anna De Simone decide di raccontarsi, alla soglia dei 65 anni, in un’autobiografia in cui i ricordi delle violenze e delle privazioni si rincorrono e si sovrappongono in una scrittura a tratti caotica, a tratti lucidissima. La sua storia comincia in un paesino dell’Abruzzo, Massa D’Albe, dove nel 1954 Anna nasce all’interno di una famiglia disastrata: cresce in un brefotrofio, a otto anni torna a vivere a casa ma subisce una violenza sessuale da parte del nuovo compagno della madre. Viene mandata via di casa a lavorare come donna di servizio presso varie famiglie nella sua regione, poi a Roma e in Svizzera. Fughe continue, trascorre periodi vivendo per strada, a Roma, finché non viene rinchiusa di nuovo in un istituto governato dalle suore dove trascorre anni tra umiliazioni e repressione, prima di riguadagnare un’illusione di libertà. Rimane incinta, sola con un figlio in arrivo che vuole tenere e problemi economici insormontabili da affrontare.