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Castello cambia: “Città di Castello fuori dai progetti e dagli investimenti del recovery fund”

“Città di Castello fuori dai progetti e dagli investimenti del recovery fund”
Le misure che in Umbria la giunta Tesei ha presentato per Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 2021/26 sono un insieme frammentato che rischia di non riuscire a costruire le giuste risposte per portare l’Umbria tutta fuori dall’emergenza sanitaria ed economica in cui ci troviamo. Un PNRR privo di vera partecipazione con gli enti locali, le istituzioni, i cittadini e i soggetti stakeholder, persino con il Consiglio regionale, che solo a cose fatte viene investito della tardiva discussione. L’unico aspetto condivisibile del Piano, ovvero la trasversalità di alcune importanti linee di intervento rischia di non essere colta dagli enti locali a causa non solo della mancata partecipazione ma anche delle difficoltà interne per la progettazione specifica capace di intercettare le risorse. Un problema diffuso che meriterebbe da parte dell’ente regionale attenzione e supporto tecnico e progettuale.
Di fronte alla peggiore crisi economica internazionale degli ultimi decenni, che ha fatto precipitare i dati economici in una prospettiva di contrazione dell’attività economica in Umbria nel 2020 tra il -9,1% e il -13,6% ( un decimo di punto peggiorativo rispetto al contesto nazionale) il governo leghista di questa regione prevede una distribuzione degli oltre 3 miliardi e 120 milioni di euro che arriveranno con il Recovery fund, viziata da criteri discutibili: privilegiare alcuni territori e dimenticarne altri, come l’Altotevere, e dirottare i soldi verso specifici soggetti, dimenticando intere filiere produttive, evidentemente non apprezzate nelle alte sfere.

Alcune idee per il coinvolgimento e la valorizzazione delle risorse giovanili sono tutte concentrate in poche città, e nulla di sostanziale per l’imprenditoria e l’occupazione femminile.
Si perdono di vista i principi che dovrebbero ispirare il Piano, come la transizione ecologica in agricoltura che dovrebbe coinvolgere tutti i territori a vocazione agricola, come il nostro, le filiere a km zero e le coltivazioni del biologico, vettori entrambi di una agricoltura sostenibile.

Si concentrano pesanti interventi strutturali dal forte impatto ambientale mentre la “svolta ecologica” sembra ridursi alla riconversione della centrale a carbone: pochi e troppo limitati gli interventi di recupero del dissesto idrogeologico in una regione dalle varie fragilità. Nella gestione dei rifiuti si ripropone la lavorazione con l’impiantistica tradizionale e la produzione del CSS come risultato finale e non la gestione circolare come valorizzazione della raccolta differenziata con la filiera regionale del recupero delle materie prime seconde.

Si dimentica la vocazione imprenditoriale e produttiva di interi territori come il nostro, per il quale non è previsto nulla: ad esempio il polo della grafica, un tempo eccellenza altotiberina, è completamente dimenticato a favore di altri. Ignorata la sanità territoriale i cui servizi, deprivati negli ultimi anni dalla deriva centralista e privatistica, sarebbero la soluzione per un’assistenza di qualità vicina ai cittadini.
L’isolamento strutturale dell’Alto Tevere non viene affrontato se non con un accenno sommario alla realizzazione del tratto Umbro della E/78 e il mancato intervento sulla exFCU per il collegamento con le reti nazionali o la sua riqualificazione come metropolitana di superficie conferma un disinteresse preoccupante per i cittadini e le istituzioni dell’ Alto Tevere.


Città di Castello, quarto Comune dell’Umbria, viene nominato solo (o quasi) per destinare al recupero dell’exOspedale insieme al chiostro di S.Domenico(?) la somma di 2,5 mln, alla faccia di chi ha sempre propagandato accordi per la realizzazione della Casa della salute per la quale di milioni ne servirebbero più di una dozzina. E’ del tutto evidente che scontiamo anni di ritardi, anni in cui il nostro territorio è stato svenduto dai politici di turno per i propri interessi, incapaci di fare rete in un’ottica di vallata come noi sosteniamo, ed ora nulla pare cambiato.

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