“Malakos”, il giro del mondo in una conchiglia: la collezione privata più grande d’Europa, con circa 600mila esemplari catalogati in un’apposita banca-dati, fruibile per tutti dal portale di Research Gate. Il museo malacologico “Malakos” a Città di Castello presso Villa Cappelletti nel complesso del Centro delle tradizioni popolari “Livio Dalla Ragione”, si compone di 40 teche e quasi 3000 esemplari, disposti come un viaggio esplorativo del mondo attraverso le conchiglie di tutti i mari. La sezione di biologia introduce al mondo dei molluschi con le loro incredibili curiosità; la sala di paleontologia ricostruisce come si è formata la terra con esemplari di invertebrati del lontano passato. Le sale di biogeografia illustrano la fauna e le abitudini di vita di ogni mare. Inoltre le teche propongono ambienti inusuali come i pericolosi mangrovieti e le zone abissali, esemplari curiosi come lumache di terra dalle dimensioni decisamente extralarge e predatori marini dal veleno mortale. Malakos ospita al suo interno anche un’imponente barriera corallina, ricostruita da materiali di un sequestro del corpo forestale dello stato con specie mai viste. Il visitatore all’ingresso viene introdotto in un percorso sensoriale inedito in grado di ricostruire l’habitat naturale da dove provengono le conchiglie e gli altri esemplari marini o di acqua dolce, rari e tavolta unici: il rumore delle onde del mare, l’acqua che sbatte contro gli scogli e i profumi inebrianti di agrumi e della macchia mediterranea o località dei tropici. L’idea di questo vero e proprio “paradiso terrestre”, un museo malacologico, nasce nel 2005 quando Gianluigi Bini, 70 anni, biologo fiorentino trapiantato da oltre 20 anni a Città di Castello, un’autorità in materia ( Aubry, noto malacologo di fama mondiale gli ha dedicato una specie, “Cinguloterebra binii” per il grande contributo apportato alle scienze malacologiche) inizia a progettare assieme alla moglie Wanna un’esposizione di tutte le conchiglie raccolte nella sua decennale esplorazione dei fondali marini a bordo di navi oceanografiche. Ha raccolto e studiato circa 15mila specie diverse, provenienti da ogni angolo del mondo, dal Polo Nord al Mare Adriatico. Impianta un primo nucleo nei locali a piano terra della Pinacoteca comunale (nel palazzo che ospita le opere dei maestri del Rinascimento, Raffaello e Signorelli in particolare) che presto diventano stretti per un patrimonio di esemplari che sfiora i 600 mila reperti.
Il comune di Città di Castello ha fin da subito creduto in questo straordinario progetto, affidandogli parte di Villa Capelletti, attuale sede inaugurata domenica scorsa, per sviluppare un vero centro di Educazione Ambientale aperto a tutti, dove è possibile ospitare anche mostre temporanee di ogni disciplina naturalistica e dove gli studenti potranno avere a disposizione microscopi ed altre attrezzature per fare esperienza. Riferimento del CNR-ISMAR di Bologna che invia periodicamente campioni per l’esame microscopico, Gianluigi Bini ha incassato i complimenti del Principe e della Pricipessa Akishino del Giappone che durante la loro visita in Italia nel 2017 hanno voluto visitare in anteprima la collezione di Città di Castello rimanendo colpiti dalla ricchezza e qualità degli esemplari esposti. Biologo, appassionato della natura, degli animali e di tutti gli esseri viventi che popolano la terra il Professor Bini qualche volta però ha superato situazioni a dir poco pericolose riuscendo però oggi a raccontarlo. “Ovviamente fra deserti, foreste ed oceani, diciamo che me ne sono successe diverse – precisa con disarmante calma il professore – ma fortunatamente mai così gravi da rischiare veramente la vita. Due volte però, se si può dire, me la sono veramente fatta addosso e tutte e due le volte con gli squali. Una volta con tigre un po’ troppo curioso ed un’altra volta con una grossa femmina di squalo bianco. Quando studiavo Biologia Marina alla James Cook University a Townsville, nel nord del Queensland, al quel tempo l’istituto studiava anche la possibilità di mettere a punto un repellente per gli squali. Io, infarcito di tante nozioni, ma privo d’esperienza, non vedevo l’ora di partecipare al primo test diciamo “dal vivo”. Il primo grosso squalo che vidi era un grosso maschio di tigre. I miei colleghi ed io eravamo in soli tre metri d’acqua nei pressi di Magnetic Island, proprio di fronte a Townsville, una fantastica barriera corallina dove andavamo ogni settimana a studiare. All’improvviso il mio collega, molto più esperto di me, m’indicò un branco di acanturidi blu che fuggivano e subito dopo apparve un grosso tigre. Era a meno di due metri da me, ma per fortuna segui i grossi pesci: ho ancora impressa nella mente la sua possente dentatura bianca. Una paura tremenda.
Un’altra volta eravamo nella Baia di Melbourne, poco al largo di Capo Intended. Eravamo in gabbia proprio per testare i repellenti. Dalla nave appoggio avevano pasturato per richiamare gli squali. C’era una groppa femmina di squalo bianco molto curiosa che, per disgrazia s’impigliò con la cosa in una delle catene di discesa della gabbia. Era lunga più di quattro metri ed il suo peso doveva essere vicino ai 7-800 chili. Una tempesta di botte, morsi alla gabbia, ma per sua e nostra fortuna dalla nave appoggio sganciarono la catena e lo squalo scomparve in un attimo; feci in tempo a recuperare questo grosso dente che si era spaccato mordendo la gabbia: un bello spaghetto. Ma ne avrei tante da raccontare, ma alcune non le voglio ricordare, perché finirono decisamente nel peggiore dei modi; un amico morto per un morso sul collo di un Mamba verde in Tanzania ed altre brutte avventure”. Un personaggio affascinante il Professor Bini, curioso con il desiderio e la tenacia di studiare ancora, di approfondire, di conoscere, che non si scompone più di tanto quando qualcuno gli fa notare la mancanza di collegamento fra una collezione record ed unica come quella del museo e il luogo dove si trova, l’Umbria, Citta’ di Castello, una citta’ bellissima, rianascimentale e contemporanea, di Raffaello e Burri, ma senza mare: a cento chilometri la costa adriatica e a 50 il lago Trasimeno e il fiume Tevere, acqua dolce ovviamente. “La cultura, scientifica od artistica che sia, non può avere limitazioni o costrizioni territoriali, come ben lo dimostra il Museo Egizio di Torino che, dopo quello de Il Cairo, è il più importante al mondo.
Con questo, ovviamente – risponde con il piglio dello studioso – sarebbe assurdo comparare l’importanza fra la giovane struttura alla quale ho dato vita con le mie collezioni, con l’incommensurabile patrimonio mondiale rappresentato dal Museo Egizio di Torino, voglio solo dire che qualsiasi luogo è idoneo per dar vita ad un’iniziativa culturale.” “Quello che io ho fatto mettendo a disposizione di tutti la mia collezione, è solo il primo mattone di progetto molto più ampio che, in estrema sintesi, è questo: nel giro di un paio di generazioni spero che si possa venire a creare una collezione di riferimento mondiale per gli studi della Malacologia. Donazioni, lasciti, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.” A proposito di donazioni, Guglielmo Biraghi, giornalista, critico cinematografico di livello internazionale ha consegnato al mueo la sua grande collezione di circa 30.000 esemplari, Carlo Cavalieri, parte della sua collezione donata dalla madre, circa 5000 esemplari e l’Architetto Marco Bettocchi – specialista della famiglia Conidae ha donato tutta la sua collezione dei Conus delle Isole del Capoverde (dove oggi vive) circa 1200 esemplari. Attilio Pagli (uno dei maggiori enologi italiani), specialista della famiglia Pectinidae, ha donato la sua intera collezione (circa 3000 esemplari) ed oggi per il museo cura le collezioni dei micromolluschi mediterranei, donando continuamente materiali. Il professor Gianluigi Bini si avvale della preziosa collaborazione della dottoressa Debora Nucci, Biologa, responsabile della direzione operativa del museo e di tutte le iniziative didattiche, e della dottoressa Beatrice Santucci (Naturalista e Biologa dell’Evoluzione) che da circa un anno si occupa della ricerca. “Il rinnovato polo scientifico-museale rappresenta una vera e propria perla nel panorama mondiale di un settore che interessa non solo studiosi ed addetti ai lavori, ma scuole, famiglie, turisti.
Ora ci sarà un occasione in più per visitare l’Umbria e la nostra città, ancora più ricca di proposte culturali, scientifiche e didattiche grazie al prezioso lavoro portato avanti negli anni dal Professor Bini e dal suo staff che il comune ha sempre sostenuto”, hanno precisato il sindaco Luciano Bacchetta e l’assessore alla Cultura, Vincenzo Tonafelli. Domenica 20 giugno si è svolta l’inaugurazione ufficiale con la presentazione del nuovo laboratorio didattico e di nuove sale e corner espositivi all’interno del museo grazie al contributo del Lions Club di Città di Castello Host, al Lions Club di Umbertide ed il Leo Club. Sabato 26 giugno alle ore 16 ci sarà il taglio del nastro per bimbi, famiglie e tutti coloro che vogliono visitare il Nuovo Malakos. Ora il museo possiede un luogo dove accogliere anche i numerosi studiosi che da tempo chiedevano di venire a lavorare con le preziose collezioni. L’Associazione Malakos ODV inoltre, che si occupa della gestione del Museo, ha contribuito a rinnovare alcuni corner espositivi con aggiornamenti e rivisitazioni. È stata creata una nuova sala di Etnomalacologia con reperti rarissimi e provenienti da ogni parte del mondo, verrà esposto per la prima volta a Città di Castello un autentico chiocciolaio del Mesolitico Siciliano, risalente a circa 10.000 anni a.C. Sono stati inoltre restaurati gli spazi comuni di accoglienza e la sala relax è dotata di ogni comfort per famiglie e adulti curiosi ed appassionati; un Exhibit interattivo che fonde storytelling e cultura marinara renderà la pausa più ricca e stuzzicante. Il polo scientifico, Museo Malacologico, “Malakos”, è aperto al pubblico dal martedì al venerdì: 10-12,30 e 15-17, il week-end e festivi fino alle 18. Chiuso il lunedì, il 25 dicembre e 1 gennaio. Info: 349.5823613 – 075.8552119. www.malakos.it, info@malakos.it, FB e IG: museo malakos. Il Museo è su Google Arts and Culture ed è possibile fruire di foto ad alta risoluzione dei fotografi Anna Fabrizi ed Enrico Milanesi. Google Arts ad Culture: Museo malakos.