Primo Piano Notizie

Umbertide, celebrato e commemorato il 25 Aprile

Umbertide ha celebrato e commemorato il 25 Aprile, 77esimo anniversario dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e 78esimo anniversario dal bombardamento di Borgo San Giovanni, che costò la vita a 74 umbertidesi.
Le celebrazioni sono iniziate alle 9 a Montecastelli con la deposizione alla presenza del sindaco Luca Carizia e dell’assessore Francesco Cenciarini di una corona di alloro presso la casa di Giuseppe Bernardini.
Successivamente la cerimonia si è svolta a Pierantonio dove il sindaco Carizia, accompagnato dalla vicesindaco Annalisa Mierla e all’assessore Cenciarini, ha reso omaggio al monumento ai Caduti in piazza XXV Aprile. Qui il signor Rolando Tognellini ha portato la propria testimonianza raccontando le ore drammatiche del bombardamento di Borgo San Giovanni.
Alle 10.30, dalla Piattaforma, alla presenza dal sindaco Luca Carizia e della vicesindaco Annalisa Mierla, degli assessori Francesco Cenciarini, Sara Pierucci, Pier Giacomo Tosti e Alessandro Villarini e del presidente del Consiglio comunale Marco Floridi, è partito il corteo accompagnato dalla Banda Città di Umbertide che ha sfilato per le vie cittadine per la deposizione delle corone di alloro ai piedi dei monumenti ai Caduti.


In piazza XXV Aprile, dove una volta sorgeva Borgo San Giovanni, è stata celebrata la Santa Messa, officiata dal vescovo di Gubbio, Monsignor Luciano Paolucci Bedini e dai sacerdoti delle parrocchie umbertidesi.
Una volta terminato il rito religioso, sul palco si sono succeduti gli interventi del sindaco Luca Carizia e di Monsignor Luciano Paolucci Bedini.


“Buon 25 Aprile a tutti – ha affermato il sindaco nel suo discorso – Benvenuti e ben ritrovati a questa celebrazione, una delle più sentite da tutti noi umbertidesi. 78 anni fa, il 25 Aprile 1944, la nostra città visse uno dei momenti più drammatici e luttuosi della sua storia: 74 umbertidesi persero la vita sotto le bombe alleate. Volevano colpire il ponte sul Tevere e invece distrussero Borgo San Giovanni, seminando morte, disperazione e paura. Ai nostri concittadini che persero la propria vita nel corso di quei drammatici momenti va il più grande pensiero e il ricordo più commosso. Un anno più tardi, il 25 Aprile 1945, la Libertà vinse sulla dittatura. Una Libertà vera, costruita da donne e uomini che hanno combattuto l’oppressione nazifascista e che ci hanno donato i valori di pace e di democrazia che sono alla base della nostra Costituzione e della nostra Repubblica. Questi valori fondanti del nostro stare insieme non devono essere dati per scontati e dobbiamo lavorarci tutti i giorni per non ricadere negli stessi errori del passato. Celebrare e commemorare il 25 Aprile significa proprio questo: fare in modo che chi ha combattuto per costruire la nostra democrazia possa guardarci con orgoglio. Quello che deve partire da questa piazza deve essere un appello convinto alla libertà, alla pace e al dialogo, soprattutto in questo momento storico in cui tutti noi siamo fortemente preoccupati per quello che sta succedendo in Ucraina.

E’ arrivato il momento di far tacere le armi, di far parlare le persone e di far lavorare le idee di pace per risolvere i conflitti. In Ucraina come in tante altri parti del Mondo. Solo così potremmo vivere in un mondo libero e proiettarci verso un futuro più giusto senza guerra e violenze. Viva la libertà, viva l’Italia, viva l’Umbria, viva Umbertide”.
Queste le parole dei Monsignor Luciano Paolucci Bedini: “In tempi come questi non ci sono parole che escludono altre parole. Bisogna sempre avere il coraggio del dialogo. La prima condizione del dialogo è l’ascolto, dell’altro e delle sue ragioni. Si fa un gran parlare di pace e ciò è motivato dall’esperienza drammatica che alcuni popoli non lontani da noi stanno vivendo. Della pace bisognerebbe parlarne sempre, come unica via e unica alternativa a ogni altra azione. E’ difficile parlare della pace quando imperversa la guerra. La pace, ce lo diciamo da sempre, non è solo l’assenza di guerra. L’emergenza è far tacere quelle armi maledette. La pace non si costruisce in un giorno. E’ un cammino che non andrebbe mai interrotto. L’officina in cui si costruisce la pace sono il nostro cuore e dove si costruiscono le relazioni. La tragedia dell’odio tra esseri umani è qualcosa di ancestrale, basta arrivare alla terza pagina della Bibbia e già si parla dell’odio tra un fratello e un altro fratello. Non possiamo parlare di pace solo quando si vive l’esperienza delle guerre. Questa guerra così vicina ci dà il dovere dell’accoglienza di tutti coloro che ne sono vittime e della difesa di coloro che la subiscono.

Questa guerra rivela tutta la nostra ipocrisia: due mesi fa nel mondo di guerre ce ne erano a decine. In parte l’odio e la divisione e la guerra attraversavano situazioni vicine a noi e nelle nostre città. Siamo chiamati a difendere con la quotidianità del nostro vivere civile quella forma sociale che seppur fragile e imperfetta è l’unica che può custodire la nostra vita comune. Se da un lato invochiamo la pace e il tacere delle armi per questa guerra maledetta così drammatica, non dobbiamo dimenticarci che il lavoro per la pace è continuo, quotidiano, ha bisogno di tutti e non sarà mai completo perché la pace non nasce dalle nostre capacità di equilibrare e dosare le situazioni mondiali ma nasce da un dono per cui gli altri non sono più nemici o avversari ma sono fratelli e sorelle. Non dimentichiamoci che la pace ha sempre due premesse che danno verità al suo percorso: la lotta contro l’ingiustizia e contro l’oppressione. Di tutto questo possiamo essere insieme l’esercito unico di cui c’è bisogno”.

Commenti
Exit mobile version