La Malattia Renale Cronica è una delle malattie croniche più diffuse. Colpisce circa il 7-10% della popolazione ed è, purtroppo, in continua progressione anche a causa dell’invecchiamento generale della popolazione. In Italia si stima che circa 4,5 milioni di individui abbiano una Malattia renale , circa 50.000 sono in trattamento dialitico e altrettanti sono portatori di trapianto di rene. A fronte di una così ampia e complessa popolazione di pazienti con malattia renale, l’entità della diffusione della malattia renale cronica è piuttosto misconosciuta nell’opinione pubblica. Un problema che tocca tanto la popolazione generale quanto i decisori pubblici. In estrema sintesi, le malattie renali spesso esordiscono in modo asintomatico e vengono diagnosticate solo quando già evolute verso stadi molto avanzati, nei quali le terapie disponibili sono ormai poco o nulla efficaci.
I pazienti nefropatici, quando raggiungono lo stadio più avanzato di malattia, sono pertanto destinati a eseguire un trapianto o la dialisi. Il paziente con malattia renale cronica, inoltre, è quello che più di tutti accomuna e assomma una serie di comorbidità che richiedono un impegno di team multidisciplinari da un punto di vista medico-sanitario. È quello che più di ogni altro ha bisogno di una road map diagnostica estremamente variegata e ampia. Il paziente nefropatico ha un’altissima probabilità di mortalità per altre cause (ictus, infarto, patologie polmonari, gastroenteriche, neoplastiche, infettive…) proprio perché gravato da tante comorbidità. Una classe di pazienti fragile in maniera emblematica, come è stato ampiamente dimostrato dagli esiti della pandemia da Sars-Cov-2, durante la quale la Società Italiana di Nefrologia ha registrato una mortalità da 8 a 10 volte superiore rispetto alla media della popolazione generale. Un paziente su 3 è deceduto. Un dato allarmante, le cui ragioni sono da ricercarsi negli aspetti organizzativi, logistici e peculiari dei pazienti stessi che non solo hanno una maggiore suscettibilità ad essere infettati dal virus SARS-COV-2, ma, hanno un decorso molto più severo rispetto al resto della popolazione generale.
I soggetti con malattia renale in fase avanzata e che necessitano di dialisi devono recarsi, tre volte per settimana, in ambienti ospedalieri dove vengono trattati per 4-5 ore, in stanze che accolgono un numero spesso elevato di altri pazienti, in stretto contatto anche con gli operatori sanitari. Il trasferimento dei pazienti da casa o dalle residenze sanitarie è assicurato, in una elevata percentuale, da sistemi di trasporto convenzionati che si fanno carico di più persone contemporaneamente. L’infezione da SARS-COV-2 può provocare con elevata frequenza un danno renale anche grave (che necessita spesso della dialisi) sia in soggetti con funzione renale normale e ancor più in pazienti con malattia renale cronica, portando a un rapido peggioramento del quadro clinico. Abbiamo per questi motivi creato un momento di riflessione, chiedendo a scienziati di fama indubbia di raccontarci per prepararci alle sfide future.
L’associazione AMARE da sempre si occupa di sostenere la Nefrologia del nostro territorio, arricchendo i nostri reparti di tecnologie ed emozioni, mantenendosi vicina alle istituzioni, alle associazioni dei malati, ai malati. Non meno importante è l’attività di promozione della salute di cui questo incontro rappresenta uno dei tanti.
Lettura magistrale
“perchè i nefrologi dovrebbero occuparsi di Covid 19?”
Prof. Giuseppe Remuzzi
” I numeri della pandemia Covid -19 nei centri dialisi Italiani”.
Prof. Paolo Reboldi
“di necessità virtù”
“modelli organizzativi di risposta alla pandemia”
Prof. Antonio Selvi
Sabato 30 Aprile ore 15 sala del Museo Diocesano
La sua presenza sarebbe oltremodo gradita e preziosa
Sempre grato
Dr Alessandro Leveque