Il Consiglio dei Ministri ha approvato l’autonomia differenziata. Non è questione di poco conto, anzi, è una vicenda politica enorme. Dopo il disastro delle riforma del titolo V della Costituzione, le cui storture abbiamo conosciuto bene durante la pandemia con venti sistemi sanitari regionali diversi, prosegue il percorso, iniziato e anche oggi guidato dalle destre leghiste, verso uno Stato federale, un percorso che rinnega lo Stato unitario e indivisibile sancito nella Costituzione. Peggio. Si potrebbe credere che l’autonomia differenziata significhi che ogni regione può godere di una maggiore autonomia economica, riguardante strutture e fondi. Non è così.
Intanto l’autonomia differenziata segna il passaggio dai Lea (livelli essenziali di assistenza), che garantivano pari diritti di assistenza al servizio di tutti i cittadini, ai Lep (livello essenziale di prestazioni), che prendono in considerazione solo le prestazioni. Inoltre afferma il principio per il quale i fondi vengono destinati a quei territori che già hanno strutture, scuole ed ospedali, e per questo sono considerati meritevoli. Sei una regione senza strutture e povera? Se va bene resti povera. Sei una regione ricca? Lo sarai sempre di più. Ecco servita “la secessione dei ricchi”.
L’autonomia differenziata va bloccata. Ad oggi riteniamo molto importante l’impegno capillare sui territori dei Comitati nazionali, delle associazioni, dei cittadini, di alcune forze politiche progressiste e di sinistra per contrastare questo provvedimento. In Umbria serve però un cambio di passo non solo per evitare un’ulteriore penalizzazione per la nostra regione già ampiamente colpita da tagli e privatizzazioni del sistema sanitario, ma anche per difendere il diritto di uguaglianza previsto dalla nostra carta costituzionale. Il nostro impegno andrà in questa direzione.