L’ultimo “carceriere” di Mussolini si racconta. Centenario e testimone unico di un evento storico che può ancora ricordare con incredibile lucidità e dovizia di particolari: la prigionia e la liberazione di Benito Mussolini a Campo Imperatore sul Gran Sasso. Davvero incredibile e per certi aspetti rocambolesca la vita di Ferdinando Tascini, che lo scorso 28 dicembre ha tagliato il traguardo dei 100 anni ed è stato festeggiato in famiglia. In piena Seconda Guerra Mondiale, inviato nel Montenegro per quasi un anno si arruola poi nell’arma dei carabinieri. Richiamato in Italia viene scelto per una missione speciale e segreta. Si ritrova a sua insaputa a Campo Imperatore sul Gran Sasso, a guardia di Mussolini. Un evento che ha segnato il destino dell’Italia, della Seconda Guerra Mondiale di cui lui fu testimone, forse unico superstite. Il 25 luglio del 1943 infatti a Villa Savoia Re Vittorio Emanuele III comunicò al Duce, Benito Mussolini, che il Gran Consiglio del Fascismo aveva imposto la nomina del maresciallo Pietro Badoglio come suo successore al Governo. Mussolini viene arrestato dai carabinieri e portato prima sull’isola di Ponza e poi il 2 settembre sul Gran Sasso a Campo Imperatore. Non passarono però neppure dieci giorni, è il 12 settembre, che per ordine di Adolf Hitler alcune SS e l’ex ufficiale Otto Skorzeny diedero il via a quella che in codice fu chiamata “Operazione Quercia”, Fall Eiche in tedesco, e che portò alla liberazione del Duce.
Un autentico blitz portato a termine a oltre 2 mila metri di altitudine proprio sotto lo sperone del Gran Sasso. Dopo la famiglia, ora le istituzioni e l’Arma dei Carabinieri gli hanno reso omaggio nel corso di una breve ma sentita cerimonia presso la residenza municipale alla presenza del sindaco, Luca Secondi e del Comandante della Compagnia e della Stazione dei carabinieri di Citta’ di Castello, il luogotenente, Fabrizio Capalti. “L’amministrazione comunale al centenario, Ferdinando Tascini, testimone di importanti pagine di storia del nostro paese”. E’ questa la motivazione impressa nella targa ufficiale che il primo cittadino tifernate, Luca Secondi ha consegnato a Ferdinando Tascini assieme ad una copia della Costituzione della Repubblica Italiana che lo ha particolarmente commosso. “La Costituzione, dopo i tragici momenti della guerra è stata sempre e sarà per me e per la mia famiglia la bussola della vita che ci guida, di cui andare orgogliosi”, ha detto Tascini riferendosi alla recente presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella a Sanremo e al dialogo con Roberto Benigni proprio sui valori racchiusi dalla “carta” dei diritti e doveri che ha esibito nella foto di rito accanto al sindaco Secondi e al Comandante della Compagnia dei Carabinieri, Capalti.
“Ferdinando Tascini accanto al traguardo di vita raggiunto assieme alla sua grande famiglia – dichiara il sindaco di Città di Castello – è oggi esempio e testimonianza concreta di fatti di storia importanti che hanno segnato il nostro Paese e che lui stesso racconta con lucidità straordinaria. Un esempio di vita per tutti noi e orgoglio della comunità tifernate e non solo”. Davvero incredibile e ricco di aneddoti il racconto di quei momenti che ha vissuto assieme ad altri commilitoni a guardia di Mussolini. “Prima di tutto a Campo Imperatore – racconta Tascini – io ero addetto al telefono dove ricevevo le notizie dalla base della funivia. Questo era il mio servizio principale. Naturalmente avevamo mezza giornata libera e si andava a passeggio nelle vicinanze dell’albergo per passare il tempo. Dopo di che si faceva qualche buona partita a carte con gli amici e il tempo passava così”. Lei è arrivato a Campo Imperatore da carabiniere? “Dunque io mi trovavo a Piazza del Popolo a Roma e il giorno 24 agosto 1943, una sera il capitano dei carabinieri venne con una lista di trenta nomi, dove c’ero compreso anche io e ci disse di stare pronti perché a tarda notte saremmo partiti per una missione speciale senza aggiungere altro. Si arrivò all’alba alla stazione base di Campo Imperatore dove c’era una villa e li ci siamo albergati. Appena fu giorno ci accorgemmo che arrivò una macchina scura da dove uscirono Benito Mussolini e la sua scorta e quindi capimmo cosa eravamo andati a fare”. Mussolini come trascorreva le giornate di prigionia?
“Nella prima sede vedevo spesso Mussolini perché la zona era molto limitata però ricevemmo l’ordine che se avesse tentato di fuggire avremmo dovuto sparare. Lo vedevo abbattuto, viso scuro, taciturno, distrutto e parlava pochissimo, d’altronde la sua situazione era quella che era, quindi dopo 4-5 giorni o perché l’albergo non era disponibile o per sicurezza ci trasferimmo tutti a Campo Imperatore, compreso Mussolini si intende, e rimanemmo lì fino alla liberazione. L’8 settembre si seppe dell’armistizio. Quindi da lì incominciai il lavoro da telefonista dove ricevevo notizie dalla base della funivia e il maresciallo Antichi l’unico che viveva accanto alla camera di Mussolini, era il suo custode numero uno”. Poi arrivarono i tedeschi: della liberazione di Mussolini cosa ricorda? “Ricordo bene quel giorno era il 12 settembre. Erano le 14.30 e non ero di turno, stavo nella mia camera ed a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi e mi affacciai dalla finestra e vidi un aliante che era già atterrato e c’era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra. A quel punto sono stato fermo e aspettavo ordini, se impugnare le armi o arrenderci. Dopo ci ordinarono di scendere disarmati e arrenderci. Vidi tutti lì. I tedeschi avevano già circondato l’albergo, strinsero il cerchio e provarono a disarmare un ufficiale ma furono fermati dal tenente Faiola.
Ormai il nostro compito finiva lì e con noi si comportarono abbastanza bene. Poi mi ricordo una cosa: quando atterrarono gli alianti, Mussolini si affacciò ma non vedeva chi c’era. Voleva sapere chi fossero se americani o tedeschi. Questo è stato recepito dalle voci che circolavano. La sensazione fosse che Mussolini aspettasse più gli americani dei tedeschi. Poi dopo i tedeschi salirono in camera da Mussolini con il nostro maresciallo, stettero un mezz’ora a parlare. C’erano gli apparecchi che portarono gli alianti che rimasero finché l’impresa non era compiuta. Poi spararono un razzo e se ne andarono. Il secondo razzo servì per far atterrare la cicogna con cui Mussolini partì. Così andarono le cose”. Nel 2019 dopo 70 anni è tornato con sua figlia e parte della famiglia a Campo Imperatore. C’è una bella foto in cui lei guarda l’albergo. Che sensazione ha provato? “Ho preso subito il fazzoletto che mi veniva da piangere, ero emozionato, non mi sembrava di essere lì, non riconoscevo niente ma era una sensazione straordinaria e ringrazio chi mi ci portò: per me una bella cosa”. C’è un messaggio che vuol dare alle nuove generazioni? “Cosa gli diciamo ai giovani? Io ho fatto la guerra in Croazia, ho fatto una vita da giovane e da meno giovane, ho passato molte vicissitudini. Dico ai giovani che la vita ci riserva molte cose belle e brutte, Cercate di affrontarle serenamente, di non tirarvi indietro di fronte alle difficoltà e non vi scordate di niente e soprattutto tenete sempre sotto gli occhi la Costituzione, li c’è tutto.