Nell’ultimo Consiglio comunale, dopo un acceso dibattito su violenza e parità di genere, tra chi fosse certo dei residui di maschilismo ancora presenti nella nostra società e chi fosse ostinatamente contro tale affermazione, si è assistito ad una plastica rappresentazione di incoerenza e ad un indecoroso spettacolo per il rinnovo della Commissione per la Qualità Architettonica e il Paesaggio ( ex Commissione Edilizia).
L’esito infatti è stato oltremodo deludente: è stata eletta solo una donna tra i sette membri effettivi e solo due tra i supplenti, con la desolante situazione di tre donne su quattordici nomi.
Com’è noto l’elezione dei sette componenti effettivi e degli altrettanti supplenti, parte dalle terne di nomi che ben cinque ordini professionali inviano al Comune, più altri quattro esperti di Beni architettonici e di Beni ambientali, da scegliere in due appositi elenchi.
Il mio intervento, che ha ricordato come la scelta fosse tutta in capo alla maggioranza, con una opposizione priva dei numeri per eleggere qualcuno, ha cercato di porre almeno una questione, quella della parità di genere , poco prima ampiamente dibattuta, chiedendo che essa fosse rispettata, ma non come pura “quota”, quanto come effettiva scelta di merito: quattro delle cinque terne avevano un nominativo feminile su tre (il minimo indispensabile, peraltro) ed una terna era composta da soli uomini.
Chi poco prima aveva negato l’esistenza di residui di maschilismo, aveva l’occasione di dare l’esempio votando una donna, e chi aveva fino ad allora difeso la parità, poteva dimostrare la propria credibilità scegliendo tra i professionisti indicati le figure femminili, in modo da riequilibrare in maniera naturale la presenza di genere.
Personalmente, ho chiarito in maniera trasparente che così avrei fatto, annunciando scheda bianca per gli Ordini che non avevano presentato (incredibilmente) alcun nome femminile, ritenendo impossibile non avessero trovato una donna tra i professionisti competenti e meritevoli.
Dunque ennesima occasione persa per attuare una reale parità e per dare un segnale concreto in grado di rompere un sistema consolidato di continuità e contiguità. Viene così plasticamente rappresentata una società che subisce le decisioni di chi fa grandi proclami, ma al momento delle scelte concrete resta invischiato in logiche altre, amicali o di continuità e appartenenza, che della parità e del riconoscimento del valore femminile se ne infischiano.
La parità può aspettare.
Emanuela Arcaleni
Castello Cambia- M5S Città di Castello