Gli acquedotti consortili oggi rappresentano una vera e propria rivoluzione, in termini di gestione dell’acqua, come bene pubblico. Sono reti costruite, dai diretti interessati, con picconi e pale, attingendo dove c’erano fonti, sorgenti e corsi d’acqua, trasportando e trasferendo le risorse idriche senza quasi mai ricorrere al sollevamento e quindi al consumo di corrente, ma come da sempre per caduta attraverso la giusta pendenza. .
Rappresentano una storia di acqua pubblica e beni comuni, all’epoca di multiutility, che nonostante un referendum del 2011 vinto contro la privatizzazione, successive leggi e decreti, di fatto hanno mantenuto privatistico un servizio che distribuisce il bene pubblico per eccellenza: l’acqua, con tariffe determinate per garantire utili, dividenti esorbitanti e manager strapagati.
Si tratta, con gli acquedotti consortili, di una soluzione per il futuro, ma a patto che le regole del bene pubblico siano rispettate con coscienza.
Questi acquedotti hanno circa 50 e più anni; è per questo che crediamo sia giusto rimettere mano al servizio idrico rurale, garantendone il corretto funzionamento e scongiurandone la chiusura.
Gli acquedotti rurali fanno arrivare nelle case l’acqua direttamente dalle fonti e la spesa dei cittadini è solo quella della manutenzione. I cittadini sono i soci e riuniti in consorzi, i cittadini non sono clienti, ma utenti. Si tratta di una soluzione per il futuro, ma a patto che le regole del bene pubblico siano rispettate con coscienza.
Gli acquedotti rurali sono rivoluzionari perché sono il simbolo della resistenza al mercato, il piccolo che si oppone al gigante, il cittadino che difende il territorio dalla finanza.
Per questi motivi, alla luce di importanti recenti scelte relative ad uno di questi consorzi (Consorzio Acquedotto Antirata) senza voler apparire come ingerenza nella legittima gestione di questa associazione, ricordando comunque che gestisce una materia di interesse pubblico e di un bene comune, vista l’importanza sia economica che come deterrente di questi acquedotti consortili, contro lo spopolamento delle nostre colline e zone rurali, il Consigliere Comunale Massimo Minciotti, Partito Democratico, interroga la giunta per conoscere:
Se rientra tra gli obiettivi del nostro comune, quello di migliorare le infrastrutture per le persone che vivono e lavorano in zone rurali e di campagna, dove la qualità della vita e i presupposti per non abbandonare i territori, nella media e bassa collina, passano nel mantenere l’attività con una fornitura di acqua garantita.
Se non si reputa utile favorire e promuovere la costruzione di altri acquedotti consortili o riqualificare quelli esistenti, accedendo a finanziamenti di sviluppo rurale o PNRR, per il semplice fatto che un acquedotto costruito e gestito dai cittadini, dove il tubo lo ripara il fabbro del paese e una volta per tutte e se hai bisogno di un’informazione sulla rete idrica bussi al vicino, invece che chiamare un call center anonimo in video conferenza, e potrebbe essere il modello per rivoluzionare il rapporto tra acqua e cittadini.
Se non si consideri necessario, coinvolgere nella promozione di questi progetti anche l’Agenzia Forestale Regionale che gestisce, ai sensi dell’art. 19 Legge regionale n. 18 del 2011 i beni appartenenti al demanio e al patrimonio agro forestale regionale, tra cui risultano numerose sorgenti idriche.
Se gli statuti dei consorzi esistenti, per un’adeguata e proficua gestione, sono aderenti alle normative per una gestione collegiale, trasparente, fornendo un servizio a tutti coloro che insistendo nelle zone servite ne facciano richiesta, contribuendo sia economicamente che con opere e prestazioni, alla manutenzione e mantenimento in opera ed efficienza del servizio.