Sistema moda, un comparto in difficoltà che chiede attenzione

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Tra i settori che stanno subendo maggiormente la crisi economica c’è senza dubbio quello della moda. Il 2020 è un anno estremamente complicato per tutto il comparto ma, viste le premesse, anche il 2021 – perlomeno nei primi sei mesi – rischia di essere un anno in rosso.

A parlarne è Paolo Pernici, portavoce CNA Federmoda Arezzo: “Buona parte della stagione primaverile è rimasta nei magazzini, ciò significa che i negozi che non hanno venduto, non hanno comprato. Per contenere i costi, alcuni marchi non stanno producendo neanche il campionario, o lo stanno facendo in minima parte. Lo stesso si sta verificando ora con la stagione invernale, i negozi non vendendo abiti invernali, dunque non li ricompreranno, e così è compromessa anche la prima metà del 2021. Tradotto, questo significa che per la produzione la crisi è ancora più grave rispetto ai marchi, se questi accusano un calo dal 30 al 50%, la produzione è calata dal 40 al 60%”.

Non si fanno previsioni nemmeno su quando ci sarà una possibile ripresa: “Secondo alcuni si ricomincerà a salire da marzo – continua Pernici – e sempre che i vaccini funzionino. Mi sembra più realistico pensare che la ripresa riparta da settembre, però”.

Un settore in estrema sofferenza dunque, e l’aiuto non può che essere quello istituzionale: “Abbiamo chiesto un incontro alla Regione, questa crisi coinvolge tutta la filiera: se il negozio non vende, il marchio non ordina e la produzione è ferma. Considerando che il comparto moda rappresenta il 30% del manifatturiero in Toscana e che il 23% degli occupati del settore si trovano proprio nella nostra Regione, voglio augurarmi che la nostra richiesta di convocare gli stati generali venga accolta. Per questo ci siamo mossi assieme alle altre associazioni, non è il momento per le iniziative dei singoli”.

Pernici pone infine l’accento sulle forti peculiarità del comparto moda: “I finanziamenti regionali sono tutti orientati a sostenere l’industria 4,0. Ma il settore moda è fatto di una componente artigianale dalla quale non si può prescindere. Le piccole e medie imprese racchiudono il 60% degli occupati. Non sono il retaggio di un passato che sta scomparendo, sono il frutto delle richieste di mercato: la piccola impresa sa reagire meglio agli sbalzi produttivi. Perciò subordinare gli aiuti al rispetto dei paradigmi del 4.0 vuol dire ribaltare il concetto, non si può giudicare un settore a forte vocazione artigianale sulla base dell’introduzione di tecnologia avanzata. Le esigenze delle nostre aziende sono perfino banali: cambiare i macchinari, rinnovare gli ambienti, fare formazione. Quello che chiediamo è che si guardi la realtà per quella che è: piccole e medie imprese sono fondamentali per il sistema moda e devono essere aiutate”.

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