Evitare il fallimento di 500 imprese e di mettere a rischio 2700 posti di lavoro in Umbria. Con questo obiettivo abbiamo presentato una mozione per impegnare la Regione Umbria ad avere un ruolo attivo nella circolazione dei crediti fiscali del Superbonus 110% considerando anche l’acquisto dei crediti, direttamente o attraverso i suoi enti e società strumentali, per un loro utilizzo diretto in compensazione nei limiti della capienza fiscale e contributiva propria o di ciascuno di essi. Il Superbonus 110% in Umbria ha contribuito per il 22% alla crescita del Pil del 2022 secondo i dati del Centro di ricerche economiche, sociologiche e di mercato per l’edilizia. Il blocco dei crediti, invece, sta avendo un impatto sull’economia potenzialmente devastante.
La mozione è stata approvata con un emendamento e sottoscritta da tutti i gruppi dell’assemblea legislativa e impegna la giunta a valutare (non a promuovere come avevamo richiesto) tutte le azioni necessarie affinché la Regione Umbria assuma, anche attraverso gli enti strumentali da essa controllati, un ruolo attivo nella circolazione dei crediti fiscali derivanti da interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cd. Superbonus 110%), effettuati da imprese aventi sede legale ed operativa sul territorio regionale e in riferimento ad immobili ubicati sul medesimo territorio, con l’obiettivo di stimolare il maggior numero di iniziative. Siamo disponibili a questa sintesi affinché l’atto vada avanti e siano assunte azioni nel più breve tempo possibile. Resteremo vigili su questo tema perché siamo già in enorme ritardo rispetto a molti enti locali che si stanno attivando. Regioni come Sardegna e Piemonte e la Provincia di Treviso, ad esempio, in questa direzione si sono già mosse. Si tratta di un’opportunità importante per aziende e famiglie in crisi e che si trovano nel limbo rischiando di fallire o subire gravi danni proprio a causa dei crediti fiscali incagliati. Un provvedimento che porterebbe un vantaggio in termini finanziari liberando risorse anche per altri interventi e che, tra l’altro, rientra nel quadro delle politiche europee sulla neutralità climatica entro il 2050. Resta purtroppo una situazione complessa e servono soluzioni definitive da parte del governo nazionale che, ad oggi, ha rotto un patto di fiducia tra stato e tessuto produttivo.