«E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce». È l’apostolo Pietro ad indirizzare questa promessa a tutti i pastori che hanno servito la Chiesa di Cristo fedelmente. Ed è proprio questa gloria eterna che hanno ricevuto i nostri santi patroni Florido e Amanzio a coronamento della loro vita e del loro ministero spesi totalmente per questa nostra santa Chiesa tifernate. Nella loro santità, che oggi solennemente celebriamo, risplende per tutti noi la grazia e la misericordia che Dio Padre ha elargito nei secoli a questa comunità cristiana. La loro corona di gloria è anche la nostra, e in noi riverbera nel tempo che viviamo, se rimaniamo umilmente in ascolto del loro insegnamento, e fedeli alla loro guida.
In questa gioia grande, che ci riporta alle radici della storia di questo nostro popolo, saluto con cordiale gratitudine le autorità civili e militari presenti e partecipi con noi nella cornice di questa magnifica chiesa Cattedrale. La vostra condivisione di questo santo giorno ci incoraggia a sentirci parte attiva e cittadini partecipi della vita sociale di questo territorio benedetto, di cui tutti e insieme siamo responsabili.
Al centro dell’annuncio di questa solenne memoria c’è l’immagine evangelica del buon pastore. Se il profeta Ezechiele ci narra tutta la passione paterna di Dio che, come pastore solerte, custodisce il gregge dell’umanità, se ne prende cura preoccupandosi di tutte le sue esigenze e difendendolo dai tanti pericoli in agguato, il Vangelo di Giovanni ci rivela che tutto ciò Dio lo ha compiuto inviando per noi suo Figlio Gesù perché donando la sua vita diventasse il nostro unico e fedele buon pastore. «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore».
Il vescovo Florido e il presbitero Amanzio sentirono forte per loro questa chiamata ad essere pastori per questa Chiesa ad immagine di Cristo buon pastore. Si presero cura del gregge loro affidato e, con animo generoso e coraggio esemplare, si immersero nelle vicende del loro tempo mettendo tutta la loro vita a servizio della Città e del popolo dei fedeli. Le parole del profeta disegnano luminosamente i sentimenti e le azioni scaturite dal loro cuore pastorale: «Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia».
Nessuno di noi può sostituire l’unico vero buon pastore che è Cristo, e tutti abbiamo necessario bisogno di questa sua guida per poter vivere appieno il nostro pellegrinaggio terreno e giungere alla meta della nostra salvezza nella comunione eterna con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per questo ogni fratello che è chiamato nella comunità a rivestire il ministero pastorale può fedelmente corrispondervi solo a patto che sia docile alla parola e al mandato di Gesù risorto. Così da non costituire un altro riferimento nella Chiesa, ma bensì per interpretare nell’oggi lo sguardo misericordioso del Salvatore e lasciar trasparire nei propri gesti l’azione redentrice del Cristo, rimandando continuamente a lui, unica sorgente inesauribile della grazia.
È questo l’orizzonte di fedele servizio alla Chiesa, in obbedienza all’annuncio del Regno di Dio, verso il quale i nostri santi patroni hanno guidato questa Chiesa e questa Città. Vedendo la distruzione che aveva devastato la comunità a causa della stolta violenza dell’uomo contro il suo fratello, risposero con coraggio e fiducia alla necessità di ricostruire e ridare vita a ciò che sembrava perduto. Pensando alle pietre e alle case di fatto si presero cura della rinascita di un popolo. Non pensarono a restaurare le cose perché tutto tornasse come prima, ma pensarono e progettarono una città nuova, migliore, che potesse accogliere una vita rinnovata, diversa e migliore di quella che avevano conosciuto. Puntarono sulle risorse di chi aveva più forza, custodirono i fragili e i deboli che andavano protetti, si coinvolsero personalmente con tenacia e fiducia impegnando prima di tutto la loro responsabilità.
Proprio di questa loro autorevole responsabilità, nei confronti della comunità loro affidata, noi oggi possiamo e dobbiamo stupirci. Uomini adulti, insigniti di un alto ufficio, pubblici rappresentanti della vita di un popolo e testimoni consapevoli del progetto di amore e di misericordia di Dio per tutti gli uomini, non si tirarono indietro, non evitarono i rischi possibili, non delusero le attese di chi guardava alla loro guida con fiducia, non si rinchiusero nei recinti della loro missione spirituale, non si nascosero dietro i pensieri negativi e i luoghi comuni, non additarono le responsabilità altrui per evitare di sporcarsi le mani, non si fermarono all’analisi delle cause che avevano generato i mali del loro tempo, non lasciarono soli quelli che da soli non ce l’avrebbero fatta invocando la mancanza di strutture o la scarsità di risorse.
Lasciamoci ferire da questa loro alta testimonianza. Non può non colpirci il loro profondo senso di responsabilità nei confronti degli altri. Oggi, in un mondo come il nostro, dove la responsabilità non va più di moda, dove si tende a screditare ogni autorità, ma anche dove tanti livelli di autorità non rispondono più ai loro doveri. Quanto sono forti le parole dell’apostolo Pietro agli anziani responsabili delle loro comunità, e le prendo prima di tutto per me: «…pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge».
Vi confido che sono molto preoccupato per i giovani. Per i giovani, non dei giovani. Non mi preoccupa l’età giovanile con tutto quello che comporta, anzi, in essa vi sono le risorse più potenti della vita e i desideri più profondi che anelano alla bellezza dell’esistenza. Mi preoccupa che, in questi anni di esplosione della vita, i nostri giovani non trovino in noi adulti esempi luminosi di responsabilità e di passione per la vita. Sì, a me sembra che il problema più grave della nostra gioventù sia questo. Ciascuno di noi è diventato grande accompagnato da qualcuno che ci ha preso per mano e ci ha dato l’esempio di una vita buona. I nostri giovani a chi guardano? Quale triste spettacolo sta dando il nostro mondo a chi entra nella vita? Che esempio stiamo offrendo loro noi che oggi dovremmo essere i protagonisti responsabili della storia che attraversiamo?
Abbiamo bisogno di un sussulto di umanità e di maturità. Non possiamo lasciare ai nostri figli un mondo che si è arreso ai poteri forti, al dominio della violenza, al sospetto e alla diffidenza reciproca, alla misura del denaro, alla schiavitù del possesso. Una vita sociale che teme la fraternità, ha dimenticato la gratuità e ha burocratizzato la solidarietà. L’esempio grande dei santi Florido e Amanzio è per noi, riguarda noi e ci provoca profondamente. Alla loro potente intercessione affidiamo il risveglio della nostra testimonianza responsabile. Amen.


