Una collaborazione più stretta tra i medici dell’Ospedale e quelli del Territorio, coinvolgendo in primis i medici di famiglia, per ritardare il più possibile l’ingresso in dialisi dei pazienti con insufficienza renale cronica avanzata, migliorandone così la qualità della vita.
Con questo obiettivo, all’interno del Dipartimento “Medicina Interna e Specialistiche” della Asl Toscana sud est, è stata istituita la Rete “Rapporti con il territorio per il controllo della progressione della malattia renale cronica”. Il coordinatore è Carlo Mura, Direttore della UOSD Nefrologia e Dialisi del Valdarno.
“Lo scopo della Rete è di far sì che questo processo di attenzione nei confronti dei malati cronici trovi un’omogeneità e una standardizzazione che siano garanzia di una presa in cura più efficace del paziente – dichiara Massimo Alessandri, direttore del Dipartimento “Medicina interna e Specialistiche” – La Rete professionale ha anche il compito di armonizzare il rapporto tra l’Area Omogenea di Nefrologia e le strutture territoriali”.
“La malattia renale è stata inserita nel modello toscano di cura delle malattie croniche, quelle che gli epidemiologi registrano attualmente come le più invalidanti e ad altissimo rischio di mortalità per la popolazione generale – spiega Carlo Mura – Nella ASL Toscana sud est, riferendosi alle percentuali italiane, su 840 mila abitanti risultano circa 50.000 persone con malattia renale cronica di varia entità. Di questi, circa 1300 sono a rischio di dialisi/trapianto, 500 sono già in terapia dialitica e quasi altrettanti i trapiantati. Si tratta di numeri allarmanti che svelano le caratteristiche della malattia renale: silenziosa, progressiva e spesso associata a diabete e cardiopatia”.
Nel corso degli ultimi anni il Ministero della Salute e la Società di Nefrologia hanno emanato alcuni documenti in cui si sottolinea la necessità di azioni che arginino la progressione verso gli stadi terminali della malattia renale. Un percorso in questa direzione è cominciato nel 2011 nella zona Valdarno e ha mostrato buoni risultati. Il progetto si è basato su una collaborazione stretta con la Medicina Generale. Nel tempo i pazienti seguiti più da vicino e in sinergia con il medico di Medicina Generale (in base alla “Sanità di iniziativa”, cioè attraverso il richiamo a controlli periodici sull’evoluzione della malattia), hanno rallentato l’evoluzione negativa verso gli stadi finali della malattia renale, come osservato in studi su grande scala, nazionali ed europei.
E’ stato quindi indispensabile pensare ad un’organizzazione in Rete Clinica. Le strutture di Nefrologia istituiscono, attraverso lo scambio di informazioni sui pazienti, un’utile connessione con altre strutture collegate al trattamento e alla progressione di questa patologia (Medicina Generale, Nutrizione Clinica, Diabetologia ecc).
“Gli obiettivi più urgenti – conclude Mura – sono la costruzione di un legame di collaborazione solido con il Dipartimento della Medicina Generale nei suoi vari livelli e articolazioni con l’obiettivo di riproporre, ovunque ci sia una attività nefrologica ambulatoriale, gli schemi validati dalla comunità scientifica. Contemporaneamente è necessario uniformare attraverso l’Area Omogenea di Nefrologia, e nel rispetto delle individualità legate al territorio e alle singole professionalità, l’attività degli ambulatori per la malattia renale, introdurre o perfezionare la registrazione informatizzata delle visite, creare un archivio condiviso, condividere alcune parti di software con la Medicina Generale”.
Una Rete per frenare la progressione delle malattie renali
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