Emanuela Arcaleni (Castello Cambia) “ex Ospedale sul mercato: proposta rinunciataria e a rischio fallimento”

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L’ex ospedale di Città di Castello è stato chiuso da 23 anni e langue in un inarrestabile degrado, senza alcun progetto concreto e realistico di riutilizzo e di ristrutturazione, monumento dell’incapacità politica di chi si è succeduto al potere comunale e regionale dal 2000 ad ora.


Ora sindaco e maggioranza hanno convocato una Commissione praticamente inutile, data l’assenza della proprietà dello stabile, la Regione Umbria, per poter avere una scena da cui proclamare le proprie intenzioni: chiedere un sopralluogo tecnico per valutare la sicurezza, richiesta che doveva essere già scritta e inviata da moltissimo tempo, per prendere atto che i 3 milioni di euro di fondi regionali per il sisma sono di nuovo disponibili per la sistemazione dell’immobile, per poi proporre di metterlo sul mercato. Quindi, secondo il sindaco, la Regione dovrebbe investire una notevole quantità di soldi pubblici, non all’interno di un progetto completo di recupero e di utilizzo dell’immobile, ma solo per “scaldare” l’offerta di vendita di uno stabile dalla cubatura enorme, capace di stravolgere in bene, o in male, la vita del centro di Città di Castello.


Su questa proposta, le ricostruzioni giornalistiche pubblicate sono parziali, non dando conto di tutte le posizioni emerse in Commissione: la messa sul mercato di un immobile dall’ingente cubatura che necessita di grandi investimenti per essere redditizio, difficilmente troverà un acquirente a meno di una svendita totale a prezzi di saldo. Investirci prima ingenti fondi pubblici senza un progetto, significa utilizzarli per facilitare il privato, rinunciando completamente alla possibilità di impostare il riutilizzo di uno stabile dalle enormi potenzialità per la valorizzazione e rivitalizzazione del centro storico e dell’intera città.

Questa posizione rinunciataria conferma la mancanza di idee e di visione di questa amministrazione, la mancanza di impegno e volontà di coinvolgere enti pubblici ed esperti professionisti per elaborare una proposta forte di utilizzo e per la ricerca dei tanti fondi necessari. Una grande risorsa viene considerata un problema di cui liberarsi, a differenza di altre amministrazioni comunali che hanno ottenuto il recupero degli ex ospedali. Si suggerisce alla Regione di fare cassa svendendo un pezzo della nostra città, per lasciare campo libero ai privati, ma con quali garanzie? Ci si dimentica con troppa fretta di quanto successo con il recupero del Cinema Vittoria o della situazione dei Molini Brighigna o dell’ex fornace di Riosecco, immobili di proprietà privata, tutte ferite ancora aperte. E per fortuna che governa il centrosinistra.


Per dovere di cronaca, altrettanto inaccettabile è la narrazione che sindaco, ex sindaco e maggioranza hanno cercato di imporre, ricostruendo una cronistoria di comodo dei fatti sull’ex ospedale: non esiste agli atti amministrativi alcun accordo sottoscritto tra Regione, Comune e ASL per la sistemazione dell’ex ospedale; solo nel 2018 , dopo ben 18 anni di silenzio, venne presentata una proposta in Commissione che a causa dei tanti punti critici, non venne poi sottoscritta. Vero invece è che la Regione mise a bilancio oltre 3 milioni dei Fondi per il Sisma. Ma per il fabbisogno dello stabile erano drammaticamente insufficienti e i 3,700 milioni del Lascito Mariani, che il Comune intendeva mettere sul tavolo per l’annunciata “Casa della Salute” , non erano utilizzabili per la struttura dell’edificio. Ergo, il progetto non aveva le basi per essere realizzato.

Tanto è vero che qualche anno dopo lo stesso sindaco che lo aveva spinto, Bacchetta, cambiò idea e versione, spingendo verso la devoluzione di tutto il Lascito Mariani nelle casse dell’ASL, malgrado le posizioni di chi lo aveva messo in guardia, tra cui principalmente la nostra avendo noi chiaramente affermato che tale elargizione non era dovuta e soprattutto che l’accordo proposto non garantiva al Comune alcuna possibilità decisionale futura; come in effetti avvenuto. Eppure firmò un accordo vuoto e privo di impegni concreti con la governatrice Tesei: lamentare ora un tradimento della fiducia che aveva riposto è ridicolo, o peggio, inutile, vittimistico e colpevolmente fallimentare.

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