“Le scelte compiute nel nostro ospedale dalla Regione trovano certamente fondamento nelle normative vigenti, ma è indiscutibile che per altri territori non c’è stato un allineamento totale a queste disposizioni e sulle strutture complesse sono state fatte delle deroghe al decreto ministeriale 70/2015 che a Città di Castello non sono state concesse.
Questo è stato fatto senza alcuna spiegazione, senza dialogo, senza il confronto istituzionale che continua a mancare, una pecca da parte della Regione che impedisce un confronto e una condivisione sulle priorità del nostro territorio e che rende incomprensibile la ratio di certi interventi, come il potenziamento della terapia intensiva e sub-intensiva, che non può essere messo solamente sulla carta e non può avvenire senza un’implementazione notevole di infermieri, medici e di tutti i profili professionali necessari. Quanto sta avvenendo per l’ospedale ci preoccupa molto, ma ci preoccupa ancor di più quello che sta avvenendo per la medicina territoriale, dove registriamo un forte arretramento.
Quello che vedo è una sostanziale impossibilità di recuperare, soprattutto sulla diagnostica, un gap della sanità pubblica veramente elevato”. Sono le considerazioni con cui il sindaco Luca Secondi ha accompagnato in consiglio comunale la risposta all’interrogazione della capogruppo di Castello Cambia Emanuela Arcaleni sul depotenziamento dell’ospedale di Città di Castello.
La rappresentante della minoranza aveva chiesto quali azioni fossero state intraprese concretamente “per scongiurare il depotenziamento annunciato mesi fa con l’eliminazione degli interventi di ristrutturazione dei reparti di Oncologia e Radioterapia”, “come abbiano operato i dirigenti sanitari del presidio tifernate per scongiurare i tagli alla struttura fisica e professionale dell’ospedale di Città di Castello” e “cosa si intenda fare per recuperare e difendere la piena capacità operativa dei reparti di Oncologia, Radioterapia, Senologia e Breast Unit dell’ospedale tifernate e affinché questo presidio venga adeguatamente supportato e implementato con nuove risorse finanziarie, strutturali e professionali, come merita e come necessario alle esigenze della popolazione di un vasto territorio come quello altotiberino”.
“Nella delibera della giunta regionale del 28 dicembre scorso per la riorganizzazione della rete ospedaliera umbra per Città di Castello non c’è stata la stessa attenzione che hanno avuto altri territori”, aveva sostenuto Arcaleni, segnalando il “depotenziamento del nostro ospedale, in particolare della struttura complessa di Radioterapia Oncologica, che passa a struttura semplice, e della Senologia, che non è più struttura semplice”. “La nostra comunità che ha chiesto più volte un potenziamento della sanità pubblica non è stata ascoltata”, aveva accusato la consigliera, richiamando la denuncia preoccupata dell’AACC, che “ha fatto diventare la struttura radioterapica di Città di Castello un’eccellenza non solo territoriale, ma un’eccellenza umbra”.
Il sindaco Secondi ha letto la comunicazione pervenuta dal direttore regionale della Sanità Massimo D’angelo, nella quale l’Usl Umbria 1 ha affermato che “l’ampliamento dei locali utilizzati dai servizi di Oncologia e Radioterapia era inizialmente previsto nell’ambito del potenziamento e della ristrutturazione ospedaliera con fondi relativi al Covid, oltre alla previsione della terapia sub-intensiva, della ristrutturazione dell’attuale rianimazione (che passa da 6 a 12 posti letto), della creazione di un’ulteriore rianimazione di 6 posti letto adiacente la sala operatoria e della ristrutturazione del Pronto Soccorso con previsione di una diagnostica TC”.
“Per l’aumento intercorso dei costi relativi alle ristrutturazioni, I’intervento è stato rimodulato, limitandolo ai quattro ultimi sopra descritti – hanno spiegato i responsabili dell’USL Umbria 1 – ma l’azienda si è comunque impegnata con fondi propri a realizzare anche l’intervento previsto presso gli ambulatori di Oncologia e Radioterapia. Questi interventi hanno raggiunto la fase esecutiva e dagli inizi di marzo 2024 prenderanno il via lavori per l’allestimento della terapia sub-intensiva per un totale di 14 posti letto sita al quinto piano dell’ospedale di Città di Castello. Inoltre entro il mese di maggio 2024 verranno completati i lavori di installazione della nuova TC presso il Pronto Soccorso”.
I responsabili dell’USL Umbria 1 hanno inoltre sostenuto che “nessun taglio dell’operatività delle attività di Oncologia e Radioterapia è stato effettuato”, che “tali servizi operano normalmente e non c’è stato nessun taglio alla struttura fisica e professionale dell’ospedale di Città di Castello”, precisando che “nei mesi scorsi è stata sostituita la TC simulatore della Radioterapia”. “Anche l’operatività della Breast Unit è rimasta invariata rispetto al 2023, con la sola eccezione della contrattualizzazione di uno specializzando radiologo presso la Senologia diagnostica dal mese di dicembre 2023”, hanno proseguito i referenti dell’azienda sanitaria, segnalando che “pur tra le difficolta di reperimento di personale medico ed infermieristico, sono state adottate tutte le misure atte all’acquisizione tali addetti (anestesisti, radiologi e infermieri) per migliorare servizi che sono un’eccellenza dell’ospedale di Città di Castello”.
“L’ospedale di Città di Castello – ha aggiunto l’USL Umbria 1 – mantiene la tipologia di ospedale sede di DEA di I livello con la strutturazione delle Unità Operative e dei Servizi previsti per un DEA di tale livello. In tale ospedale è stato previsto l’adeguamento dei posti letto di terapia Intensiva (da 6 a 18) e di semintensiva (14). Le variazioni del numero delle Strutture Complesse riguardano Oncologia (già disattivata dalla stessa Azienda USL Umbria 1); Radioterapia Oncologica, perché il decreto ministeriale 70 ne prevede per l’Umbria, mentre nella delibera della giunta regionale del 2016 ne erano previste 3, di cui 2 nelle Aziende Ospedaliere e una nell’Usl Umbria 1. La Radioterapia Oncologica è stata comunque mantenuta con la strutturazione di una struttura semplice di valenza aziendale; Gastroenterologia, perché il decreto ministeriale 70 prevede per l’Umbria 2 Strutture Complesse, mentre nella delibera della giunta regionale del 2016 ne erano previste 4, con indicazione della progressiva riduzione per allineamento con lo standard.
La Gastroenterologia è stata comunque mantenuta con la strutturazione di una struttura semplice di valenza dipartimentale al pari della USL Umbria 2”. Secondi ha quindi aggiunto: “questa amministrazione, con il sindacato ispettivo della maggioranza, i miei appelli pubblici, la manifestazione davanti all’ospedale, ha cercato di difendere la sanità pubblica e di chiamare al confronto la Regione, ma ho difficoltà a dialogare con chi questo dialogo non l’accetta, nonostante non ci sia mia stato pregiudizio nei confronti della stessa Regione, né da parte mia, né da parte di questa amministrazione”. “Sappiamo bene quanto il tema della sanità sia complesso non solo in Umbria, ma in Italia: purtroppo è preoccupante che queste difficoltà non vengano in qualche modo condivise per definire le priorità con i territori”, ha rimarcato il primo cittadino, che ha puntualizzato: “quando operatori diretti come l’Associazione Altotevere Contro il Cancro, che è un soggetto non solo di supporto alla sanità ma a volte sostitutivo se pensiamo ai molti macchinari donati all’ospedale, hanno difficoltà a comprendere determinate scelte su Oncologia e Radioterapia, la colpa non può essere di chi non capisce, forse qualcuno ci ha spiegato male”. In sede di replica, la consigliera Arcaleni si è detta in sintonia con il sindaco nell’analisi riguardante la disparità di trattamento di Città di Castello rispetto ad altri territori.
“Si parla di fondi Covid che vanno per il pronto soccorso, dove mi dicono che sia in atto una ritinteggiatura e mi auguro che non accada questo e basta”, ha sottolineato Arcaleni, aggiungendo: “mi auguro infatti di vedere la Tac al pronto soccorso, ma mi auguro anche di vedere che i medici giovani del reparto non se ne vadano, perché c’è la sensazione che ci sarà una ulteriore fuga di sanitari”.
“Non si può parlare solo di nomi di strutture, ma si deve parlare di dotare queste strutture delle risorse, sia economiche che professionali, necessarie”, ha sostenuto la consigliera, che ha concluso: “mi auguro che insieme si possa fare qualcosa e ottenere qualcosa in più rispetto a questa situazione, che sicuramente vede il nostro nosocomio in seria sofferenza e nella quale è dovuta la chiarezza necessaria, perché, al di là di quello che si dice, c’è un depotenziamento, come per la Senologia, che non è più struttura semplice, questa è la realtà”.