Al via il 35° Premio Pieve. Dal 12 al 15 settembre all’Archivio dei diari

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L’Archivio dei diari è pronto a inaugurare la 35^ edizione del Premio Pieve Saverio Tutino, la manifestazione dedicata ai racconti autobiografici inediti. Da giovedì 12 settembre un programma denso di appuntamenti tra incontri, presentazioni, mostre e spettacoli teatrali. Venerdì 13 settembre spazio ai Diari multimediali migranti e al Premio Tutino Giornalista consegnato a Paolo Borrometi. Sabato 14 gli incontri di storici, artisti e scrittori, con Paolo Cognetti e Melania G. Mazzucco, sul tema “35 di noi”. Domenica 15 settembre alle 16.30 l’appuntamento conclusivo, con la consegna a Pupi Avati del Premio Città del Diario e con la narrazione in pubblico delle 8 storie finaliste e l’annuncio del vincitore del Premio Pieve, al termine di una quattro giorni di eventi dedicati alla memoria, all’attualità, alla letteratura.
Gli ospiti e i protagonisti del Premio Pieve Saverio Tutino 2019.
Da giovedì 12 settembre è Premio Pieve
Nella “Città del Diario” è partito il conto alla rovescia per dare il via alla 35^ edizione del Premio Pieve Saverio Tutino. A Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, da giovedì 12 settembre ci attendono quattro giorni all’insegna della memoria popolare autobiografica inedita. Fino a domenica 15 settembre i diari, le memorie e gli epistolari della “gente comune” – custoditi a migliaia nell’Archivio diaristico nazionale, tornano protagonisti nell’edizione 2019 del Premio Pieve intitolato quest’anno Trentacinque di noi.
“La 35ª edizione del Premio Pieve è un percorso che si snoda attraverso le 8 testimonianze scritte giunte alla fase finale del concorso e la presenza di ospiti, testimoni e amici dell’Archivio, pronti ad animare gli incontri nel corso dei quattro giorni della manifestazione – commenta Natalia Cangi, direttrice organizzativa dell’Archivio diaristico nazionale. Le une e gli altri accompagneranno il pubblico attraverso “35 di noi” nel ripercorrere i 35 anni di storia dell’Archivio e nel celebrare le storie e le vite delle persone comuni che hanno affidato a tutti noi una traccia della loro vita “35 di noi” non è un punto di arrivo, ma un’occasione di riflessione e ripartenza affinché la memoria sia viva e sia strumento di analisi e ricerca per edificare il presente e progettare il futuro. Perché per noi dell’Archivio le pratiche di conservazione e valorizzazione della memoria sono necessarie tanto per non dimenticare il passato, quanto per capire il presente. È questa ormai la cifra di un patrimonio, di inediti, di oltre 8.500 tra diari, memorie e lettere affidati all’Archivio da autori che sono persone comuni, scrittori non di professione: a loro e a tutti coloro che in questi anni per lavoro, per passione o per caso si sono imbattuti nelle loro storie la direzione artistica della manifestazione ha deciso intitolare il Premio Pieve 2019, “35 di noi”. Noi che ci ritroveremo a Pieve Santo Stefano tra “addetti ai lavori” e autori, studiosi, letterati, storici e artisti per raccontare e festeggiare il volto più bello e autentico della “Città del diario”.
Natalia Cangi, Direttrice organizzativa dell’Archivio diaristico nazionale.
Il programma del Premio Pieve 2019
Prima della finale del concorso il Premio Pieve vivrà 18 appuntamenti, animati dalla presenza di decine di ospiti, suddivisi in quattro giorni, da giovedì 12 a domenica 15 settembre.
Giovedì 12 settembre giornata di apertura del Premio Pieve con l’inaugurazione di mostre e installazioni: “Il tesoro dell’Archivio”, l’esposizione dei manoscritti originali dell’Archivio a cura di Cristina Cangi; “disegnami” dove le storie di vita si intrecciano con l’arte grafica e il fumetto, un progetto a cura di Giovanni Cocco, Lorenzo Marcolin e Barnaba Salvador; “3 Women in a Triptych”, video installazione di Line Kuhl e Giulia Ottaviano a cura di dotdotdot.
La serata è tutta dedicata al progetto STORE THE FUTURE che si apre con l’incontro tra Gianfranco Capitta, Andrea Merendelli e Liù Bosisio e prosegue con lo spettacolo “Butterflies on Flowers” che nasce dall’incontro tra l’Archivio dei diari con Associação Arquivo dos Diários dal Portogallo, Associazione Teatro Stabile di Anghiari, Associazione Bandalena dalla Francia, Državni arhiv u Pazinu dalla Croazia e OpenCom issc per indagare il ’68 in Europa.
Venerdì 13 settembre una giornata dedicata a un tema della memoria e dell’attualità come l’emigrazione, con la presentazione dei finalisti del quarto concorso DIMMI, Diari Multimediali Migranti, l’anteprima del volume “Se il mare finisce” (Terre di mezzo, 2019) che racchiude le storie inedite raccolte grazie alla precedente edizione del concorso; il riconoscimento del Premio Tutino Giornalista 2019 a Paolo Borrometi giornalista siciliano che dal 2014 vive sotto scorta e coraggiosamente prosegue nel suo la voro di denuncia alla mafia. Nella serata spazio ai diari di donne dell’Archivio nello spettacolo teatrale “Something about you. Quel che rimane” di Francesca Garolla con Mauro Bernardi, Roberta Lanave e Matilde Vigna per la regia di Alba Maria Porto.
La giornata di sabato 14 settembre si apre con una preziosa appendice dedicata al tema dell’emigrazione, in questo caso otto-novecentesca, con la presentazione del progetto “Italiani all’estero. I diari raccontano” di Nicola Maranesi per l’Archivio diaristico nazionale in collaborazione con la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in un incontro con Pier Vittorio Buffa, Nicola Maranesi, Luigi Vicinanza Luigi Maria Vignali, le letture di Donatella Allegro e Andrea Biagiotti. A seguire, gli incontri con Paolo Cognetti e Melania G. Mazzucco, e Pietro Clemente, Patrizia Gabrielli, Antonio Gibelli, Stefano Pivato, Vanessa Roghi, Evelina Santangelo, che si confronteranno sui temi dell’autobiografismo e su “35 di noi”. Nel pomeriggio l’anteprima editoriale del volume “L’inquieto navigare. Le avventure di un capitano di vascello dell’Ottocento” (Terre di mezzo, 2019) il diario di Luca Pellegrini vincitore del Premio Pieve 2019. A sera andrà in scena Mario Perrotta con lo spettacolo teatrale “In nome del padre”.
Domenica 15 settembre il tradizionale incontro della mattina tra diaristi e commissione di lettura dell’Archivio dei diari precederà l’appuntamento conclusivo con la presentazione delle 8 storie finaliste e la proclamazione del vincitore del concorso 2019. La manifestazione, condotta da Guido Barbieri, avrà inizio alle 16.30 e vedrà la presenza straordinaria del regista Pupi Avati, vincitore del “Premio Città del diario 2019”.
Pupi Avati riceverà il “Premio Città del Diario” domenica 15 settembre durante la cerimonia conclusiva del Premio Pieve 2019 sul palco delle “Memorie in Piazza” dove sarà anche proclamato il vincitore del 35° Premio Pieve dell’Archivio diaristico nazionale.
Gli 8 finalisti e i Premi speciali
Cuore del festival le 8 storie finaliste tra le quali sarà votato il vincitore del Premio Pieve – in concorso Adler Ascari e M. (1917-1998), Italo Cipolat (1917-2009), Eugenia Dal Bò (1867-1943), Antonio Di Rosa (1911), Teresa Pacetti (1931), Cesare Pitoni (1892-1965), Camilla Restellini (1910-1993), Orlando Salimbeni (1909-2008) – domenica 15 settembre, giornata conclusiva della manifestazione in cui sarà inoltre consegnato il Premio Città del diario, che quest’anno va al regista Pupi Avati. Altro riconoscimento in programma è il Premio Tutino Giornalista istituito dall’Archivio dei diari per ricordare la figura del suo fondatore. Lo ritirerà quest’anno Paolo Borrometi, attualmente presidente dell’Associazione Articolo 21, venerdì 13 settembre. Vittima di minacce di mafia, dal 2014 Borrometi vive sotto scorta.
Gli 8 finalisti. Adler Ascari e M. si conoscono giovanissimi e si amano per quasi cinquant’anni. Adler si sposerà con un’altra donna e avrà altre relazioni, M. continuerà a vivere con il fratello. Eppure rimarranno uniti da un amore che nonostante gli anni trascorsi lascerà intatte le passioni fisiche e verbali. Adler e M. hanno lasciato un epistolario appassionato che rimarrà custodito in Archivio come un Amore diverso. L’Africa con la sua natura selvaggia e violenta è al centro del racconto Hadisi di Italo Cipolat. Nato da una famiglia di emigrati italiani nel 1917 nel Congo Belga, dopo un soggiorno di studio in Europa fa ritorno nel paese alla vigilia della Seconda guerra mondiale, perché è l’Africa che sente come la sua casa. Nelle oltre 500 pagine del suo diario scorrono i ricordi del suo internamento in un campo, l’ammutinamento della Force publique e la conseguente repressione, le rivolte per l’indipendenza del Congo. Italo è costretto a fuggire in Rhodesia dove vive lo scoppio della guerra civile. Ritornerà in Italia solo nel 1974 per problemi di salute. Eugenia Dal Bò è una Figlia del Risorgimento. Nasce all’indomani dell’Unità d’Italia e muore alla vigilia della proclamazione della Repubblica. Il padre patriota le infonde ideali mazziniani e la incoraggia a proseguire gli studi fino alla laurea in Lettere, unica donna del suo corso. Insegnante, studiosa di Dante e conferenziera, vive in una Italia unitaria ma non ancora unificata nella cultura e nei costumi. Sposa un ufficiale dei bersaglieri, Gherardo Pantano, destinato a diventare generale. Eugenia e Gherardo vivono insieme la Prima guerra mondiale, la Disfatta di Caporetto, incrociano D’Annunzio, Badoglio, Mussolini. Eugenia muore nel 1943, due settimane prima della caduta del Duce. Quella di Antonio Di Rosa, El Pibe, è la storia di chi ce l’ha fatta. A 15 anni Antonio parte dall’Argentina, terra di emigrazione dei suoi genitori, con 8 dollari in tasca. Determinato a realizzare i suoi sogni, svolge mille lavori, attraversa la Grande depressione e quindi il New Deal, fino ad aprire una bottega da carbonaio e a rifornire la casa del Presidente Roosevelt. È il sogno americano realizzato. Teresa Pacetti nasce nel 1931 in piena epoca fascista. Esaltata dall’entrata in guerra dell’Italia, di giorno in giorno assiste impotente allo sgretolarsi di tutte le sue certezze, a La caduta degli idoli. Dal balcone di casa Teresa scorge lo sbarco della flotta angloamericana sulle spiagge di Anzio. La sua famiglia sfolla in Toscana e arriva in provincia di Massa dove nel giugno del 1944 si consuma l’eccidio nazifascista che costa la vita a 60 persone. Dopo la guerra Teresa scopre l’amore e conosce Primo, il futuro marito. Cesare Pitoni è un soldato della Grande Guerra. Le ore trascorse in trincea sono spaventose e interminabili. Il sergente Pitoni non può confessarlo nemmeno al suo diario e decide di usare la crittografia per scrivere le parti più intime e compromettenti, uno stratagemma per sfogarsi e denunciare imboscamenti e autolesionismi, finte malattie, fughe, racconti di morte e disperazione. Cesare esce vivo dalle trincee del Carso ed emigra in Argentina con i suoi diari che miracolosamente ci tornano indietro dopo un secolo. Il messaggio, criptato nella forma, è ancora nitido nei contenuti: l’orrore della guerra e la sua inutilità. Camilla Restellini è socialista e pacifista, moglie di Giovanni Bassanesi, a sua volta socialista e pacifista, fotografo e intellettuale. Nella sua memoria Camilla denuncia l’ultimo dei tanti arresti subiti dai due coniugi, ultima azione di persecuzioni politiche. Giovanni ha conosciuto le carceri di mezza Europa, il confino a Ventotene, il manicomio, dove morirà. Anche Camilla viene internata ma riesce a uscire grazie all’intervento di Marion Cave Rosselli nel 1949. La sua memoria è una denuncia dell’orrore dei manicomi criminali, ma, nonostante tutto, l’autrice riesce a iniziare una nuova vita. Dai minuscoli borghi del Montefeltro Orlando Salimbeni vive direttamente e indirettamente gli avvenimenti più importanti del Novecento. La Grande guerra lo costringe a crescere in fretta e a sostituirsi al padre nei lavori agricoli. A trent’anni si diploma e ottiene a Casteldelci il posto di Segretario comunale grazie al quale scamperà alla campagna di Russia. Ma dal 1943 il suo territorio diventa campo di battaglia per fascisti e antifascisti. Il 7 aprile 1944 si consuma l’eccidio di Fragheto, e il 25 luglio 1944 quello di Gattara. Orlando contribuisce a stilare gli atti di morte delle vittime di quelle stragi, mentre Casteldelci viene liberata il 22 settembre 1944.

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